“Putesse essere allero” rappresenta il “voglio trovare un senso a questa vita” del Pino Daniele degli anni ’70.
Il ritornello “E dimme quacchecosa nun me lassà’ accussì (stasera sto sballato che voglia ‘e partì)” rimanda a quell’atmosfera di incertezza, insoddisfazione, ricerca di “quella voglia di avventura voglia di andare via di là” alquanto indefinita che si respira nel quasi contemporaneo Ricomincio da tre di Massimo Troisi o in tante altre canzoni dell’epoca, “Anna avrebbe voluto morire Marco voleva andarsene lontano”.
Ma “chi parte sa da che cosa fugge ma non sa che cosa cerca” pertanto all’astratta aspirazione per l’altrove è immediatamente contrapposta la concretezza delle piccole cose nelle quali è, forse, il vero senso della vita (“cu’ ddoje parole ‘mmocca e tanta semplicità putesse essere allero”).
D’altra parte ci tormenta l’idea che il Grande Fiume scorra via senza di noi, “‘o viento sta passando e je ‘o voglio sentì” e tuffarsi nelle attività quotidiane è solo un modo per non soffrire (“affondo ‘e mani dint’a terra e cerco ‘e nun guardà'”).
Purtroppo il contesto non aiuta, “m’alluccano dint’e recchie e je me sento viecchio”: non siamo immersi in una comunità bucolica ma in una bolgia urbana piena di disvalori conflittuali che abbattono anche i migliori propositi esistenziali.
Il piacere di rinchiudersi negli affetti familiari, “putesse essere allero cu mia figlia mbraccio che me tocca ‘a faccia e nun me’ fa guardà” genera purtroppo instabilità mentali, schizofrenie, “me sento nu criaturo ca nun po’ fà’ pipì vulesse arrubbà’ senza me fà’ vedè’ tutt’e facce d’a ggente”.
E la consapevolezza del tempo andato, “‘o viento è già passato nun pozzo cchiù sentì’ e m’ha rimasto ‘ncuollo l’addore d’o magnà'” lascerà il rimpianto, l’odore delle occasioni conviviali immaginate e mai viste.
Finalmente l’eterno oscillare tra “le discese ardite e le risalite”, tra l’utopia e le ristrettezze del reale trova un punto d’equilibrio: ciò che può davvero dare un senso all’esistenza è un po’ di autenticità, di condivisione emotiva, di empatia direbbe qualcuno, che ci aiuti a tirare avanti senza troppe velleità e infantili illusioni ma con la giusta dose di calore umano: “putesse essere allero cu na parola sola ca me desse calore senza me fà’ sunnà’ ” .
Nel 1979 usciva il brano “Je so’ pazzo”, di Pino Daniele. Il cantautore napoletano, nel corso di tutta la sua carriera, ha sempre dimostrato di essere un passo avanti rispetto ai tempi, forse anche di prevederli. La canzone lo portò alla ribalta, all’inizio, non tanto per il suo significato, ma perché, tra le strofe, c’era un’imprecazione, che divenne il ritornello più facile da ricordare. Il brano è però denso di […]
Il programma sul Calcio Napoli condotto da Massimiliano Alvino. Dibattiti sulla Serie A, Europa League e Champions League. Collegamenti telefonici con i tifosi. Le voci dei giornalisti della nostra città, di ex calciatori e dirigenti nazionali.
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